Perché lo facciamo?
Perché un gruppo sempre più nutrito di persone ha scelto di dedicare tempo, energie e passione al TEDx? Cosa significa essere volontario/a?
Il mio piccolo coming out è ammettere di essere stata invitata a collaborare nel team, ormai quattro anni fa, ma il “mondo TEDx” mi pareva una cosa di nicchia, un passatempo da nerd, e al contempo, una organizzazione troppo grande.
Col tempo avrei scoperto la forza dei legami e dell’amicizia che nascono durante le riunioni a fine giornata, quando, usciti dai propri uffici e ruoli lavorativi, ci si risiede attorno a un tavolo per pianificare, lanciare idee, aggiustare, cesellare un evento che inizia a profilarsi nelle teste di ognuno e a delinearsi, piano piano, all’unisono, nelle menti di tutti, poi, finalmente, a prendere corpo, voci e volti.
Poi ci sono i volontari che da spettatori si sono voluti rimboccare le maniche e far parte di quella adrenalinica gestazione che è il fulcro di tutta l’esperienza: trovare, farsi ispirare e rendere fruibili le idee che meritano di essere condivise.
Ognuno con le proprie skills, conoscenze e umanità, ad alto tasso, sempre.
Cosa significa essere volontario TEDx?
Per Alessio, uno dei coordinatori del gruppo comunicazione, significa “Sentirsi parte di una comunità internazionale che si interroga senza pregiudizio e senza frontiere sui grandi temi e le grandi sfide, per spaziare dall’attualità sociale a urgenze come l’ecologia, fino a esplorare per anelare al fine ultimo: la felicità delle persone”. E ancora “Significa farlo al di là di ogni pregiudizio, barriera psicosociale, sociologica, in un ambiente libero e stimolante. E confrontarsi con le grandi difficoltà di organizzare eventi molto complessi”.
E’ vero. La nostra è una città piccola, ma il team è via via cresciuto di nuove forze, nuove energie e competenze, e l’evento ha crismi insindacabilmente allineati con il prestigioso marchio TED.
Mesi di preparazione si traducono nella complessa quotidianità dei volontari in una fucina di idee e allenamento al problem solving, in piani minuziosamente dettagliati per poi essere destrutturati, magari per un dettaglio, ma che era sfuggito. Ci si allena all’umiltà di prediligere un’idea migliore della propria, perché il fine ultimo è la qualità dei talk. La loro forza ispirante, di cui siamo i primi testatori.
Entusiasti sì, ma inflessibili. E sappiamo che il peso specifico della nostra opinione è lo stesso per tutti.
Sono la frenesia, i ritardi dell’ultimo momento, gli imprevisti, le tensioni, che anno dopo anno si sciolgono a fine evento riconfermando ogni volta la tenuta del gruppo e la qualità del lavoro svolto.
Lavoro volontario, e proprio per questo appassionato per definizione.
La forza delle idee sta nella gratuità del nostro tempo. Sta nel donarci per un ideale.
Perché donare il tempo, oggi, è quasi un atto eroico.
Orgoglio, felicità, adrenalina, coesione, sono le parole che ho sentito più spesso dai miei compagni di squadra.
“La prima volta ho avuto subito l’impressione di aver fatto qualcosa di grande – dice Francesca – e di essere stata utile. È una sensazione che se ci pensiamo non è magari quotidiana, e ne sono grata, me la tengo stretta. Mi piace lavorare in team, intrecciare linguaggi diversi fino a creare un’alchimia nuova e feconda. E non ultimo, mi piace l’idea di legare il mio nome a una pietra miliare come il TEDx”.
“Ho scelto di essere volontaria TEDX – racconta Laura, Organizer – perché credo nel potere delle idee. Credo che solo attraverso un concreto impegno personale si possa contribuire a migliorare il mondo. Ambizioso, lo so. TED mi ha insegnato a pensare in grande, e a confrontarmi con gli altri volontari”.
Siamo dunque dei sognatori. Non utopisti. Proprio sognatori. E ci piace farlo ascoltando parole nuove, che risuonino e che chiamino all’azione.
Alla fine di ogni evento ci sentiamo sempre un po’ diversi. Stanchi, certo, ma con lo zaino rifornito.
Ogni zaino conterrà tracce diverse, che si mescoleranno, e si condivideranno attraverso il confronto.
C’è l’urgenza di parlarne, di testare e tastare cosa si è depositato, cosa ritornerà nei giorni successivi, quali corde sono state toccate e con quale tocco. Ci riconnettiamo a noi stessi in un rimando di specchi, i nostri speaker, che abbiamo scelto perché puliti, senza ombre, in modo che le ombre, semmai, le possano riflettere e illuminare. Oppure addirittura capaci di essere veicolo di luce rigenerante.
Ma noi volontari possiamo fare la prima parte. Tutto il resto tocca a voi.
di Valeria Lusztig