Skip links

IL NOSTRO MANIFESTO DI LINGUAGGIO INCLUSIVO – Parte 1

Negli ultimi due anni abbiamo vissuto nelle nostre menti e sui nostri corpi la solitudine causata dalla pandemia, modificato le abitudini di lavoro e socialità e provato le difficoltà
dell’esclusione. Ogni individuo è stato attraversato dall’esperienza della marginalità anche se per un periodo più o meno limitato.
Ora che è tempo di ripartire, abbiamo compreso che per farlo occorre ripensare il modo in cui le persone possono contribuire a ricostruire la società e a tal fine iniziare a costruire team
aziendali, sportivi, associativi inclusivi. Un lavoro che prevede un cambio di cultura che possiamo fare a partire dalle parole, per arrivare a progettare luoghi e chiedere nuovi quadri
normativi.
Questa convinzione ci ha portato a proporre al team di TedxReggioEmilia di pensare a un Manifesto per il linguaggio inclusivo che ci accompagni in un percorso di consapevolezza per cui le caratteristiche di genere, etnia, età, identità e orientamento sessuale, disabilità, corpi non conformi siano comprese descritte e comunicate, superando modalità obsolete, stigmatizzanti e distorte.
Il linguaggio inclusivo è solo un primo passo verso una cultura che favorisca il coinvolgimento del maggior numero di persone all’interno di team professionali o sociali. A partire dalla lingua infatti, possiamo sviluppare una maggiore sensibilità collettiva fino a consolidare nuovi schemi e considerazioni.

Riflettendo su cosa significasse per noi “linguaggio inclusivo”, ci siamo resi conto che appiattirlo esclusivamente sulla questione di genere sarebbe stato limitante e non avrebbe
tenuto conto di tante altre discriminazioni. Abbiamo quindi cercato di riflettere e proporre un vademecum di dieci punti che, anche con esempi di uso quotidiano, ci aiuti a cambiare una cultura spesso stereotipata. Li utilizzeremo nei prossimi mesi per iniziare con i lettori e follower di TedxReggioEmilia una riflessione condivisa.

 

1.LE PAROLE CREANO REALTA’
La prima considerazione da fare per sviluppare un linguaggio inclusivo è che le parole creano la realtà. Attraverso di loro non solo comunichiamo le nostre idee e le nostre
emozioni, ma siamo in grado di creare negli altri pensieri e reazioni. La comunicazione che attiva i nostri pensieri e processi cognitivi ha un ruolo centrale nella nostra quotidianità ed è in grado di influenzare positivamente il mondo, favorendo processi di inclusione e partecipazione. Le parole che scegliamo di utilizzare producono un impatto sulle nostre
abilità di entrare in relazione con gli altri e favorire l’espressione di ogni individuo.
Collaborazione, dialogo ed empatia sono tutte caratteristiche che il linguaggio inclusivo stimola e fa proprie.

2. LA LINGUA METTE IN DUBBIO IL FALSO PRIMATO DELLA MAGGIORNAZA
Il secondo punto da considerare è correlato al falso mito della maggioranza: la storia scritta dai vincitori è sempre una versione parziale di ciò che è accaduto sul campo di
battaglia. In altre parole, utilizzare nel linguaggio stereotipi e assolutismi esclude dalla narrazione le minoranze e la possibilità di creare dibattito. Per questo motivo è buona norma cercare di ascoltare e dare voce a chi solitamente è escluso dal dibattito, come le persone di sesso femminile, le persone che non si identificano con il sesso biologico, le persone con disabilità, le persone appartenenti a determinate etnie, le persone che professano la loro fede, le persone che vivono in uno stato di povertà. Saper comunicare utilizzando un linguaggio inclusivo non è l’obiettivo da raggiungere, quanto piuttosto un processo che dura una vita e che vede nell’esercizio di includere i parlanti il senso stesso di questo tipo di processo.

3. IL LINGUAGGIO INCLUSIVO GENERA COLLABORAZIONE
Il linguaggio inclusivo genera collaborazione ed inclusione e favorisce l’espressione individuale. Nel 2016, Alex Kapitan, copy editor radicale, ha scritto un articolo sullo spettro del linguaggio, che analizza in modo molto semplice le sfaccettature che il linguaggio può avere. Lo spettro del linguaggio da lei suggerito denuncia tra gli altri
Linguaggio violento: vi è capitato di sentire frasi come “I prodotti cinesi sono scadenti” oppure “gli africani arrivano in barca?”. Questo tipo di costrutto, oltre a manifestare grande ignoranza, manifesta disprezzo, intolleranza o odio;
Linguaggio indiscusso: se parliamo di calze “color carne” per indicare il colore beige sicuramente stiamo escludendo etnie differenti da quella europea a cui apparteniamo;
Linguaggio minimizzatore: questo tipo di utilizzo è sicuramente molto subdolo perché spesso parte da buone intenzioni. Eppure se trasformiamo il motto “Black lives matter” in “All lives matter” non stiamo ascoltando ciò che un gruppo sociale vive e vuole comunicare e banalizziamo la loro lotta;
Linguaggio cifrato: è quello che spesso si sentono rivolgere le donne con frasi del tipo “Se ti vesti così, te la cerchi” per sottolineare che un abbigliamento o atteggiamento possano dare il consenso a forme di abuso o violenza.

4.SUPERIAMO IL LINGUAGGIO SESSISTA
Se prima abbiamo sottolineato che l’inclusione non è riducibile alla questione della differenza di genere, ciò non significa però non ribadire l’urgenza di una riflessione sulla
questione. Ecco quindi che arriviamo al tema del linguaggio sessista: superare il binarismo di genere in una cultura per cui, secondo il Global Gender Gap Report del World
Economic Forum, occorrono 136 anni per raggiungere la parità tra uomini e donne in diversi ambiti sociali ed economici è sicuramente un primo passo. Il problema è sicuramente molto ampio ma vi lasciamo alcuni consigli da cui partire:
● Pratichiamo un linguaggio inclusivo simmetrico, ad esempio inserendo nel parlato e scritto formule maschili per gli uomini e femminili per le donne anziché il maschile sovraesteso (“cittadini/cittadine”);
● Utilizziamo uno sdoppiamento integrale, uno sdoppiamento contratto e parole collettive: “cari cittadini e care cittadine”.
● Ricorriamo a frasi passive e impersonali: la formulazione di frasi passive permette di non esplicitare il soggetto di un costrutto e trasforma frasi come “i professori
ricevono ogni lunedì” in “il ricevimento è previsto ogni lunedì”;
● Facciamo attenzione ai titoli professionali: per quanto riguarda titoli e professioni, nella scrittura inclusiva si trasformano i termini seguendo le normali regole grammaticali italiane: “Consigliere” diventa “Consigliera”, “Architetto” diventa “Architetta”, “Direttore” diventa “Direttrice”.
● Se utilizziamo termini epiceni stiamo attenti agli articoli: ad esempio “Il presidente” diventa “La presidente”, “Il titolare” diventa “La titolare”, “Il commerciante” diventa “La
commerciante”;
Includiamo le persone non binarie: inizialmente si utilizzava l’asterisco (*) o la chiocciola (@), poi si è introdotta la u; negli ultimi due anni la proposta per una scrittura inclusiva risiede nella schwa (ə). LGBT? Allora va introdotta una nuova vocale nell’alfabeto italiano. Per riferirsi una persona non binaria occorre utilizzare la
a schwa, che, a differenza dei vecchi simboli usati nella scrittura inclusiva, è declinabile al singolare (ə) e al plurale (з), ha l’alternativa maiuscola (anzi, due: Ǝ oppure Ə) (maggiori info su come si scrive e come si pronuncia la schwa sul Sito Italiano Inclusivo).

5.GLI ANNI ANAGRAFICI NON CI DEFINISCONO
Il quinto punto del nostro Manifesto riguarda il tema dell’ageismo che indica la discriminazione di una fascia d’età nei confronti di un’altra fascia di età. Se è vero che gli anni anagrafici non ci definiscono, allora sviluppare una cultura inclusiva significa combattere uno stereotipo che associa la gioventù a concetti come “forza” e “invisibilità” e
l’età adulta come “inizio del decadimento”. Vecchio, anziano, senior, longevo, vegliardo, veterano, andato, avvizzito, demente, datato: sono tutti termini che, riferiti ad una persona che ha superato una certa età, ne rilevano gli aspetti di decadenza e di tramonto soprattutto se correlati all’efficienza fisica e psichica. Espressioni come “combattere le rughe” con le quali ci confrontiamo quotidianamente, sono in realtà esempi di stigmatizzazioni, che sottintendono che l’età venga trattata come un metro di valutazione, al posto delle capacità e potenzialità effettive del singolo individuo, presenti in qualunque momento della sua vita.
Se questo primo approfondimento vi ha interessato, vi consigliamo di seguire i canali social di TedxReggioEmilia per non perdere la seconda parte del Manifesto per il linguaggio
inclusivo.

Testo: Elena Codeluppi di B*inclusive
Grafiche: Giacomo Guido di B*inclusive
Editing: Tommaso Granelli di B*inclusive

Unisciti alla newsletter

* indica requisiti obbligatori

Seleziona tutti i modi in cui vorresti essere contattato da TEDxReggioEmilia:

Puoi annullare l'iscrizione in qualsiasi momento cliccando sul link nel footer delle nostre e-mail. Per informazioni sulle nostre pratiche sulla privacy, visita il nostro sito web.

We use Mailchimp as our marketing platform. By clicking below to subscribe, you acknowledge that your information will be transferred to Mailchimp for processing. Learn more about Mailchimp's privacy practices.

* indica requisiti obbligatori

Seleziona tutti i modi in cui vorresti essere contattato da TEDxReggioEmilia:

Puoi annullare l'iscrizione in qualsiasi momento cliccando sul link nel footer delle nostre e-mail. Per informazioni sulle nostre pratiche sulla privacy, visita il nostro sito web.

We use Mailchimp as our marketing platform. By clicking below to subscribe, you acknowledge that your information will be transferred to Mailchimp for processing. Learn more about Mailchimp's privacy practices.

Scopri
Scrolla